La parola EgoCentrismo significa esattamente Io al Centro.
Il mettere se stessi al centro di tutto è una caratteristica strettamente umana che ha le sue origini proprio nell’infanzia. In età adulta la parola egocentrismo richiama un significato tendenzialmente negativo.
Ci riferiamo spesso al termine egocentrismo come una caratteristica di quelle persone che faticano o non sono in grado di comprendere l’altro. Questa tendenza a considerare la persona egocentrica come priva di capacità di empatia non va però confusa con quell‘importante fase di sviluppo quale fase dell’egocentrismo infantile.
La cosiddetta fase dell’egocentrismo, infatti è stata ampiamente studiata dal noto psicologo francese Piaget. Egli, tramite le tante osservazioni effettuate sui bambini, aveva notato come nella fascia che va tra i due e i sei anni i bambini hanno un vero e proprio linguaggio egocentrico. Per Piaget tale linguaggio non era come privo di capacità di relazione, ma piuttosto come la fase in cui il bambino metterebbe le basi per socializzare.
Conoscendo i propri pensieri, attraverso un linguaggio verso se stesso, il bambino imparerà poi a relazionarsi anche con il linguaggio verso l’altro.
Studi successivi a Piaget hanno mostrato che effettivamente i bambini parlano da soli: hanno un vero e proprio dialogo con se stessi. I bambini si raccontano: storie, vissuti, ricordi, emozioni.
Non è difficile trovare il proprio bambino fare discorsi, più o meno lunghi a seconda del numero di parole acquisite, parlando esclusivamente con se stesso. Questa fase è importante per lo sviluppo, successivo, del linguaggio finalizzato alla socializzazione. Come sottolineato dallo stesso Piaget, il bambino è propenso alla relazione con l’altro e questa fase egocentrica è da intendersi come fase di passaggio.
A cosa serve, dunque, la fase dell’ egocentrismo infantile?
L’egocentrismo infantile permette al bambino di riconoscere il proprio Io, sviluppandosi come persona singola, facendosi sentire con i famosi “No”.
I cosiddetti primi “No”, tanto temuti dai genitori, sono indispensabili per la crescita del bambino che inizia a distinguersi dalla diade genitore/figlio. Essere un individuo unico è un percorso molto complesso per la psiche del bambino e determina la capacità di percepirsi come un soggetto dotato di corpo e mente a se.
La propriocezione del corpo si sviluppa in parallelo con la capacità di riconoscersi come soggetto pensante. Come un soggetto che possiede una mente.
All’inizio di questa fase i bambini iniziano a riconoscersi allo specchio e, passo dopo passo, a riconoscersi come soggetti dotati della capacità di parlare, esprimersi, provare emozioni e ricercare le relazioni.
Tutto questo processo è ben più complesso di quanto si possa immaginare, ma solo attraverso la fase dell’egocentrismo che questo è possibile,
Nella fase dell’egocentrismo il bambino ha anche difficoltà a mettersi dal punto di vista dell’altro.
E’ una fase di passaggio dove il bambino, essendo da sempre abituato ad essere al centro dell’attenzione dei genitori, fatica ad uscire da se stesso.
Niente di preoccupante, insomma. Se immaginiamo di essere stati l’unica persona intorno alla quale erano rivolte tutte le attenzioni genitoriali, possiamo immaginare quanto sia faticoso uscire da questa prospettiva.
Cosa possiamo fare allora per aiutare i nostri figli a vivere al meglio questa fase?
Sicuramente possiamo aiutarli nel gestire l’egocentrismo attraverso l’esempio concreto.
I bambini, come risaputo, apprendono molto di più dagli esempi concreti piuttosto che sentirsi dire tante parole astratte.
Un bambino che cresce con esempi di aiuto reciproco, empatia, cooperazione sarà un bambino che imparerà presto che esiste anche l’altro, con il quale potersi relazionare.
Nelle istituzioni quali nido e scuole dell’infanzia sono preziosi i momenti cooperazione tra pari.
In un ambiente conosciuto e protetto questi momenti consentiranno al bambino di iniziare a sentirsi parte di un gruppo. Formato non solo da se, ma anche da altri. Tra gli esempi troviamo le attività in piccolo gruppo con una finalità comune a tutti:manche semplicemente pitturare tutti insieme un cartellone con le tempere e vederlo realizzato tramite la cooperazione che c’è stata tra i membri può essere un ottimo esempio concreto per i più piccoli. Un altro esempio concreto può essere l’importanza di stimolare e rinforzare l’aiuto reciproco quando nasce spontaneamente e in modo quotidiano tra i bambini. non è difficile vedere scene in cui i bambini si aiutano tra di loro in piccoli gesti. Il rinforzo, insieme all’esempio concreto, sono la chiave per superare al meglio la fase dell’egocentrismo.
Un altro nucleo sociale importante nella vita del bambino, è la famiglia.
In famiglia utile far partecipare attivamente anche i bimbi più piccoli ad aiutare mamma e papà -ed eventuali fratelli- in piccoli compiti portati a termine grazie alla cooperazione tra i membri. Tra gli esempi concreti troviamo: sistemare i giocattoli dopo averli utilizzati, apparecchiare o sparecchiare la tavola insieme (o almeno parte di essa), riordinare i propri oggetti più cari (le scarpe, i peluche etc…), aiutarsi nella preparazione quotidiana di se insieme all’altro.
Questi ed altri momenti di vita quotidiana, che potrete sicuramente sperimentare con un bambino, gli permetterà di sentirsi utile aiutando l’altro e potrà così iniziare a comprendere cosa sia la cooperazione e il punto di vista dell’altro. Tutti aspetti, molto importanti, per aiutare a superare questa fase di crescita.
Sarebbe utile iniziare a riflettere sul significato di egocentrismo infantile nel senso in cui è stato concepito, tralasciando i possibili pregiudizi determinati dall’età adulta.
Non esiste un bambino egocentrico, ma piuttosto un bambino che sta attraversando la fase dell’egocentrismo.
Impegnarsi a comprendere cosa significhi questa fase di sviluppo, permetterà al bambino di superarla nel migliore dei modi, sentendosi accolto e compreso.